Dante Alighieri

Il più antico manoscritto datato della 'Commedia'

Piacenza, Biblioteca Comunale Passerini-Landi, ms. Landi 190. Membr., 1336 (c. 100v), mm 356×243, 106 cc.

Introduzione

Della mano di Dante non resta neppure una firma. Le più antiche copie superstiti della Commedia risalgono a circa un decennio dopo la morte del poeta. Il Landiano è il più antico testimone superstite del poema dantesco e testimonia una circolazione precoce del capolavoro dantesco nell’Italia settentrionale, confermata anche dalla provenienza dei manoscritti immediatamente. Si apre con una canzone di Dante (Le dolci rime d’amor ch’io solia, c. [1]v), e con quattro sonetti di Guittone a c. [2]r], contiene anche due Capitoli sulla Commedia.

Trascrizione del testo esposto

Ai (ser)ua ytalia di dolore ostello
naue sança nochiero in gran tempesta
non donna di prouince ma bordello

Quell anima gentil fu cosi presta
sol (per) lo dolce suon della sua terra
di fare al cictadin suo quiui festa

Et ora in te no(n) stanno sança guerra
li uiui tuoi (et) l un l altro si rode
di quei ch un muro (et) una fossa serra

Cerca misera intorno dalle prode
le tue marine (et) poi ti guarda in seno
s alcuna parte in te di pace gode

Descrizione

Della mano di Dante non resta neppure una firma (anche se Leonardo Bruni testimoniò nel Quattrocento di aver visto suoi autografi), e sono perduti gli originali delle sue opere e i libri della sua biblioteca. Le più antiche copie superstiti della Commedia risalgono a circa un decennio dopo la morte del poeta. Un manoscritto compilato da un tale Forese e risalente al 1330-1331 è andato perduto, ma una sua collazione effettuata nel 1546 dallo studioso Luca Martini ce ne serba una testimonianza indiretta attraverso alcune lezioni riportate sui margini di un’edizione aldina conservata alla Braidense di Milano.

Con il Trivulziano (Milano, Biblioteca Trivulziana, 1080), copiato e sottoscritto nel 1337 dal fiorentino Francesco di Ser Nardo di Barberino, il Landiano è dunque il più antico testimone superstite del poema dantesco. Una nota di possesso a c. 100v e la radiografia di un’altra nota a c. 4v confermano che il testo fu trascritto nel 1336 da un copista quasi sicuramente marchigiano, Antonio da Firimo (Fermo), per conto del giureconsulto pavese Beccaro de Beccaria, podestà di Genova. Il copista ha utilizzato una bastarda cancelleresca. Una mano di poco successiva ha poi eraso alcune lezioni sostituendole con altre attinte a una tradizione toscana. Rispetto ai manoscritti di area fiorentina (il Trivulziano e due altri codici presumibilmente degli Anni Trenta, il Venturi Ginori Lisci 46 compilato a Firenze nel 1338, contenente solo l’ultima cantica, e l’Ashburnhamiano 828 della nazionale di Firenze, la cui data 1335 non pare plausibile, ma comunque assai antico), il Landiano testimonia di una circolazione precoce del capolavoro dantesco in Italia settentrionale, confermata anche dalla provenienza dei manoscritti immediatamente successivi (un testo trascritto attorno al 1340 dal bolognese Galvano, oggi diviso in due distinti manoscritti, il Riccardiano 1005 e il Braidense AG xii 2; il Parigino ital. 538 prodotto forse in Veneto o Lombardia nel 1351 da Bettino de Pili; l’Urbinate latino 366 della Biblioteca Apostolica Vaticana, di area emiliana, del 1352; il ms. Madrid Biblioteca Nacional, 10186, di mano ligure, del 1354, e altri).

Il Landiano, che si apre con una canzone di Dante (Le dolci rime d'amor ch’io solia, c. [1]v), e con quattro sonetti di Guittone a c. [2]r], contiene anche due Capitoli sulla Commedia, riassunti dell’opera dantesca in terzine: alle cc. 101v-102r quello di Bosone da Gubbio, in 193 versi, e di seguito alle cc. 102r-103r quello di Jacopo Alighieri, figlio di Dante e commentatore della Commedia, in 151 versi.

 

Il piu' antico manoscritto della commedia

La CommediaC. 38r: l'apostrofe «Ahi serva Italia, di dolore ostello» nel canto VI del Purgatorio.

 

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francesco de sanctis

La Commedia... è il medio evo realizzato, come arte, malgrado l'autore e malgrado i contemporanei. E guardate che gran cosa è questa! (p. 164).