Torquato Tasso

L’autografo napoletano della ‘Gerusalemme conquistata’ di Tasso

Napoli, Biblioteca Nazionale, ms. ex Vind.Lat.72. Cart.; sec. XVI ex., mm 330×220, III+255 [ma 273]+VI cc. Legatura alle armi, à doublure, in pellerossa zigrinata con impressioni in oro e stemma con aquila asburgica su entrambi i piatti, guardie in seta blu (secc. XVIII-XIX).

Vergato con inchiostro brunosu carta di colore avorio, nella suggestione della tormentata cifra autografa, il manoscritto napoletano della Conquistata, sia pure acefalo e lacunoso, è il più esteso autografo tassiano pervenutoci.

Gli autografi, i manoscritti e le antiche edizioni a stampa conservate nelle raccolte della Nazionale di Napoli concorrono a delineare nella dimensione virtuale un vero e proprio “fondo”, di pregnante valenza per la ricostruzione della complessa scrittura tassiana: la Conquistata, in particolare rappresenta l’ultimo, consistente stadio elaborativo dell’opera ed è ritenuta dalla più recente critica una redazione definitiva nella quale venivano a confluire i materiali che l’autore andava rielaborando da tempo; il codice con i testi del Minturno, del Cataneo e del Ficino, si pone, altresì, come testimonianza unica ed essenziale dei tre dialoghi.

Nell’irregolare ductus di una grafia rapida e incostante che traccia fitte colonne oblique di scrittura, il testo appare costellato di cancellature, di emendamenti o varianti, interlineari e marginali, secondo un iter riconducibile al tortuoso e problematico rapporto del poeta con la sua scrittura, sempre in fieri.

Donato nel 1623 alla “libraria dei S. Apostoli” da Scipione Polverino, il prezioso codice venne sottratto alla biblioteca teatina nel 1718, anno in cui un cospicuo nucleo di pregevoli manoscritti, selezionati per disposizione di Carlo VI nelle raccolte conventuali napoletane, fu trasferito alla Biblioteca Imperiale.

Il codice fu restituito all'Italia solo alla fine della prima guerra mondiale, grazie al Trattato di Saint-Germain e alla Convenzione artistica di Vienna, e fu consegnato alla Nazionale di Napoli il 7 giugno 1823, insieme a settantuno codici latini e ventidue greci, identificati in quella sede come ex Vindobonensi.

 

L’autografo napoletano

Tasso[C. 74r: inizio del libro VII, ottave 1-3]

 

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francesco de sanctis

Il Tasso voleva fare un poema seriamente eroico, animato da spirito religioso, possibilmente storico e prossimo al vero o verisimile, di un maraviglioso naturalmente spiegabile, e di un congegno così coerente e semplice che fosse vicino a una logica perfezione (p. 555).